19 novembre 2007

Le "città universitarie" non sono città

Prendendo spunto dal blog di Red-Home 77, anche la Casa Orca sottolinea l'articolo di Ilvo Diamanti "Quando gli studenti si prendono le città" della rubrica Bussole di Repubblica.

Derivato dalla tragica vicenda di Perugia dello scorso 2 novembre, l'articolo delinea perfettamente la situazione degli universitari fuorisede e il loro rapporto con la città che li "ospita", citando:

"[...]Perugia soffre di una sindrome da "spaesamento", comune a molti altri centri urbani in cui è cresciuta, da qualche tempo, la presenza universitaria.

[...]Quasi un rito di passaggio alla conquista dell'autonomia. Come, un tempo, per gli uomini, il servizio militare. Per cui, insieme alle Università, si sono sviluppate vere e proprie "zone" per studenti. Quartieri giovanili. Città nelle città. Anzi, talora la stessa città è confluita nell'Università. Come Perugia.

Dove i residenti si sono trasferiti in periferia, dopo aver "ceduto" (o meglio "affittato") il centro storico agli studenti. Così, sono sorte città quasi totalmente abitate da studenti universitari. Dove il commercio, l'economia, l'edilizia, ruotano completamente intorno a loro. Per non parlare dei locali (fast food, pizzerie, birrerie, pub).

[...]Gli studenti sono "popolazione" di passaggio. Non hanno radici locali. Né la prospettiva di restarvi per la vita. Pagano affitti alti per un appartamento condiviso con altri studenti. Non lo possono percepire come "casa propria". Case, strade, piazze: per questi giovani di vent'anni, "lontani da casa", sono uno "scenario". Dove trascorrono il tempo, dopo lo studio. E si divertono senza responsabilità.

[...]Nelle "città universitarie", invece, i giovani sono affidati, principalmente, alla regolazione dei consumi e del mercato. Non funziona, per loro, neppure il vincolo sociale e comunitario. Perché non sono una società e neppure una comunità. Ma una umanità immersa in relazioni, in larga parte, transitorie. Fitte ma senza impegno.

[...]I giovani. Lontani dalla famiglia, dalle istituzioni, dalle regole. In un ambiente dove le occasioni di "evasione" sono diffuse; dove i "limiti" si perdono. Sono più vulnerabili. Esposti a momenti di depressione. Solitudine. D'altronde, sono studenti.

[...]Queste "città universitarie": non sono città. I quartieri studenteschi delle medie e grandi città. Non sono quartieri. Sono "zone senza sovranità". Senza autorità. Senza comunità. Un po' centro commerciale, un po' villaggio turistico, un po' "pub diffuso". Verrebbe da evocare quelli che Marc Augé definisce i "non-luoghi". Ma ci sembra improprio. Perché questi "luoghi" hanno un'identità e radici storiche profonde. Solo che i "nuovi" residenti ne sono estranei. Peraltro, si tratta di ambiti dove le persone intrattengono relazioni fitte. Ma, perlopiù, temporanee, poco impegnative. Meglio, allora, parlare di "luoghi apparenti", popolati da una "gioventù apolide". "Città artificiali" in cui cresce una generazione di "non-cittadini".
"

Ilvo Diamanti

5 Comments:

Scienza Medica said...

a l'aquila dove studio io non s'è formata nessuna zona universitaria,nonstante gli studenti siano 20.000... bah ,tanto meglio,la città è più tranquilla e mi piace così,sperduta in mezzo alle montagne...una casa aquilana è una vera casa "orsa" non orca

Anonimo said...

qui a l'aquila non ci sono zone universitarie...la città intera è una zona universitaria, totalmente "penetrata" dagli studenti...che per numero quasi superano i residenti...comunque concordo con l'amico fderi...una citta glaciale e per questo tranquilla e immutabile...ci manca solo un pastore abruzzese...vojo il 'au

RH77 said...

Grazie per la citazione...
;)

Anonimo said...

vi siete dimenticati che a L'Aquila ci sono anche gli studenti della caserma della finanza di coppito...un'altra bella storia.. evviva " GLIU' BOSS!!"

Anonimo said...

..ora dimenticavo io...l'orso ve lo hanno avvelenato.. sti bastardi di bracconieri. quelli sono i veri selvaggi di sta terra.. Al rogo gliù colpevole degliù ORSCIDI!! Compagni..armiamoci e partimoci!!...(ps: qualcuno che non ricordo disse proprio così)