31 ottobre 2008

Il giorno della verità dei Fratelli d'Italia

I media forse non ne hanno parlato, ma la Casa Orca ieri era presente.
Una goccia in un onda travolgente che bloccava le città italiane.
Stavolta si fa sul serio!


Chissenefrega della solita conta, un milione e mezzo, un milione, ottocentomila o fate voi. Roma è per intera paralizzata. E' impossibile anche entrare in città. Decine di pullman sono "spiaggiati", come balene, sul Grande Raccordo e, nell'impossibilità di raggiungere il centro storico, migliaia di persone se ne vanno in processione, allegre e rumorose, là dove sono: lungo l'anello autostradale, alla Magliana. In centro, chi si è mosso da piazza della Repubblica scende dal Pincio verso piazza del Popolo che il serpente - quieto e colorato di palloncini blu e giallo e rosso - ha ancora la coda nella posta di partenza. Chi con realismo dispera di arrivarci, in piazza del Popolo, cambia strada. La protesta si frantuma e si disperde dilatandosi là dove trova spazio e strade libere da affollare. I cortei diventano tre e si muovono in direzioni diverse, gli universitari e gli studenti dei licei venuti dalla Sapienza e da molte città del Mezzogiorno se ne vanno verso Trastevere e circondano il ministero della Gelmini e le gridano: "Mariastella, arrenditi. Sei circondata!"


Quanti saranno? Importa davvero a qualcuno, se non al governo imbarazzato ("poche migliaia di persone"), avere un numero? E' il giorno della realtà, questo, quale che siano i numeri. E' il giorno della robusta e ostinatissima realtà.

È il giorno della concretezza della vita quotidiana di studenti e insegnanti, delle compromesse speranze di futuro dei più giovani e delle loro famiglie. È il giorno della tangibilità di una sdegnata rabbia per il presente che - con la voce e il corpo di centinaia di migliaia di uomini e donne, ragazze e ragazzi che nella scuola e nelle università ci vivono, ci lavorano, ci studiano, ci sperano - mette finalmente in un canto, per un'intera mattinata, le formule vuote e le verità rovesciate che avvelenano il discorso pubblico.

È un leit motiv: davvero conoscete la scuola, signori? Davvero la conosce il governo? Di quale scuola parlano, parlate? Di quella che ogni giorno, con i suoi ritardi e le sue eccellenze, con i suoi sacrifici e pigrizie, con i suoi piccoli sconosciuti eroismi, apre i battenti? O di quella che immaginano o lasciano immaginare per poterla schiacciare? Sono domande - spiegano in una singolare coincidenza di opinioni, studenti e professori, bidelli e maestri, sindacalisti e ricercatori - che impongono di chiamare le cose con il loro nome, finalmente.

Così, anche se negli slogan Mariastella Gelmini è protagonista e trasfigurata in santa, "Beata Ignoranza", nei colloqui, nei capannelli, nelle discussioni che si accendono qui e lì il decreto diventato ormai legge dello Stato non ha una madre, ma soltanto un padre: Giulio Tremonti.

Dice uno:
La Gelmini, di suo, avrebbe dovuto proporre un disegno, un progetto educativo, un documento da discutere, un percorso riformatore per passare dalle criticità di oggi - che ci sono e non trascurabili - a un assetto più soddisfacente nel futuro. Non lo ha fatto. La sua è una presenza muta. È una comparsa. Il primattore è l'altro, è Tremonti. Suoi sono i tagli e questa riforma - che è una falsa riforma - non è altro che tagli al personale docente, amministrativo e tecnico; risparmi per il bilancio dello Stato; riduzione dell'orario scolastico e fine del tempo pieno; tagli al Fondo di finanziamento delle università e trasformazione degli Atenei in Fondazione private. Noi abbiamo bisogno di più riforma e invece ci danno meno risorse e nessuna riforma.


È il giorno della realtà, questo. Non è il giorno dei "grembiulini", del "cinque in condotta", del maestro che da "unico" diventa per magia, per conformismo e obbedienza dei media, "prevalente". In una parola non è il giorno dei codici comunicativi e vuoti che, con sapienza, Berlusconi ha messo in campo per nasconderla e manipolarla, la realtà.

L'"avviso ai naviganti" del mago di Arcore puntava ad accendere il solito dispositivo, a innescare un riconoscimento identitario della società con la sua leadership, a indicare un ostacolo da rimuovere: i "fannulloni", gli "ignoranti", il "potere dei sindacati", gli "insegnanti pagati troppo per quel che fanno e danno", una scuola che è soprattutto o forse soltanto "spreco".

In una parola, un'"infezione" che minaccia la salute del Paese. La protesta contro la riforma della scuola -suggeriva il premier - compromette il diritto allo studio. Pregiudica il futuro dell'educazione che invece la riforma assicura. Le proteste danneggiano la formazione dei più operosi. Quindi, la loro stessa libertà.

Berlusconi ha voluto indicare alla sua gente - "la maggioranza silenziosa" come va dicendo la Gelmini - un terreno di conflitto, quasi una chiamata alle armi, un nuovo ambito di ostilità di un'Italia: la sua Italia, contro l'altra che non lo ama o che vuole giudicarlo senza pregiudizio per quel che fa. Non ha esitato a minacciare l'arrivo dei Reparti Celere nelle scuole e università "okkupate" perché sempre un diritto di polizia si affaccia quando lo Stato non è più in grado si garantirsi gli scopi empirici che intende raggiungere ad ogni costo.

A quanto pare, se si guarda questa piazza e queste vie, Berlusconi per una volta ha sbagliato i suoi calcoli. Clamorosamente. Per la prima volta, in questa legislatura. Come dicono lungo via Sistina, "il governo è riuscito nel miracolo di mettere insieme tutte le sigle sindacali", che solitamente intrattengono tra di loro i rapporti che il cane ha con il gatto.

Ha consentito a un'intera generazione, distratta, disillusa, spettatore passivo distante dal luogo comune, di scoprire che la politica non è appartenenza a un partito o a un gruppo, a una fazione o a un'ideologia, ma che è politica soltanto la volontà di opporsi e resistere a un progetto di ordine sociale che esplicitamente rinuncia a una concezione dello Stato garante legale dell'eguaglianza per disegnare esclusioni e differenze, creare privilegi e divisioni.

Non c'è chi in questo corteo, che ora affolla piazza del Popolo e via Ripetta e via del Babuino fino a piazza Augusto Imperatore e piazza di Spagna, non abbia letto il decreto e toccato con mano che "i grembiulini" sono soltanto polvere negli occhi che acceca. Lo studente universitario ti spiega pignolissimo come il Fondo di finanziamento ordinario delle università viene progressivamente ridotto di 63,5 milioni per il 2009, di 190 milioni per il 2010, di 316 milioni nel 2011, di 417 milioni per il 2012 e di 455 a partire dal 2013, un risultato che si otterrà vietando di assumere personale oltre il 20 per cento dei pensionamenti dell'anno precedente. Una morta lenta che ucciderà tutti, i buoni e i cattivi senza alcun discernimento: chi ha disperso le sue risorse e chi le ha utilizzate al meglio; chi ha valorizzato il merito e chi ha inaugurato un insegnamento inutile per dare una cattedra all'amante o al figlio. Dicono: quel che non darà più lo Stato lo forniranno le Fondazioni, ma quali, ma come? Il governo non lo dice perché o non lo sa o non può dire che vuole un'università privatizzata.

È la trama della realtà che fa capolino. È il suo giorno. Per una volta, la "comunicazione" può attendere. I trucchi non funzionano. Quell'indifferenziazione tra reale e fittizio che sempre Berlusconi riesce a costruire appare sgonfia come una ruota bucata. La gente che è qui, che ancora non riesce a raggiungere piazza del Popolo, sembra che ancora riesca a distinguere ciò che accade davvero da quel che la politica e i suo cantori raccontano.

Madri di famiglia ti spiegano come cambierà concretamente la loro vita e la vita del figlio con la fine del "tempo pieno", con il "maestro unico" e l'orario settimanale di ventiquattro ore. "Che cosa è più educativo la strada, la televisione o la scuola?", chiedono.

La realtà. Ha il fiato corto Berlusconi quando si lamenta della "scandalosa capacità di mentire su cose di buonsenso" o quando nega che ci siano tagli. Qui se ne vanno in giro con nella borsa o in tasca il decreto e, sollecitati, sono pronti a squadernartelo sotto gli occhi. I docenti a tempo determinato che voleranno via come stracci saranno 87.341 in tre anni. Nel 2009/10, 42.105; 25.560 nel 2010/11; 19. 676 nel 2011/2012. Questo per gli insegnanti. Per il personale amministrativo, tecnico e ausiliario sono previsti 42.500 posto in meno, il 17 per cento in meno. Come si fa a dire che non ci sono tagli?



In piazza del Popolo, un'orchestrina intona l'inno di Mameli. È bizzarro, e di certo non consueto, che prima sottovoce, poi con sempre maggiore forza e convinzione, quel canto dilaghi in ogni angolo della piazza. A pensarci meglio, non è fuori posto "Fratelli d'Italia". Anzi, quel canto appare coerente. Forse può essere addirittura il senso della giornata. Le persone che sono qui, quale che sia il loro numero, sembrano sapere che è in gioco "un'idea di Italia" a cui non vogliono rinunciare. Sanno che "la scuola pubblica, la scuola di tutti", quell'idea la custodisce. Anche con i suoi deficit.



(31 ottobre 2008)
da un articolo di Giuseppe D'Avanzo, giornalista de "La Repubblica"



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04 ottobre 2008

Magnifico!

Signore e Signori, Studentesse e Studentessi, della fu Università "La Sapienza", abbiamo un nuovo magnifico rettore!
Non vi preoccupate, abbiamo scelto il migliore che avevamo!

Il barone Frati

L'appoggio dei politici. Le cattedre. I concorsi. I fondi delle società farmaceutiche. Chi è l'uomo che governa da 16 anni la facoltà di Medicina.

I mali del Policlinico? Rosi Bindi non ha mai avuto dubbi. Nel 1999, quando esplose il caso delle infezioni in corsia all'Umberto I, la Bindi, a quel tempo ministro della Sanità, disse chiaro e tondo al Parlamento: "Ritengo che la prima causa di quello che accade sia la gestione diretta da parte dell'università".
Sono passati otto anni, quattro governi e una lunga serie di direttori generali, ma i rifiuti nei tunnel del Policlinico sono rimasti al loro posto. Come Luigi Frati, da 16 anni preside della facoltà di Medicina dell'Università la Sapienza, corresponsabile insieme alla Regione dello sfascio. Nato dal sindacato, dotato di ottime relazioni con le case farmaceutiche e con i politici, Frati dal 1990 muove i fili dei concorsi e decide i destini dei primari che governano l'attività ospedaliera del nosocomio più disastrato d'Italia. Immune a indagini e polemiche, a ogni elezione viene riconfermato con un plebiscito dai suoi colleghi.
Al Policlinico non si muove foglia che Frati non voglia.
"Tutti gli dobbiamo qualcosa", ammette un illustre cattedratico che chiede di restare anonimo: "I professori vogliono che i propri allievi possano andare in cattedra con un posto da ordinario o da associato. Frati può aiutarci a esaudire i nostri desideri. Come? Bandendo il concorso al momento giusto". Un sistema che ha accontentato molti, compresi politici e soci in affari.
Da Vincenzo Saraceni, vincitore della cattedra di Fisiatria nel 2001, proprio quando era assessore alla Salute del Lazio. A Marco Artini, socio di Frati nella Millennium Biotech, una società che si voleva lanciare nel business delle biotecnologie. La società non ha mai operato, ma Artini nel 2002 ha vinto un concorso per ricercatore nella facoltà del suo socio-preside.
Frati è nato a Siena 63 anni fa. Laurea alla Cattolica, dal 1980 professore di Patologia generale alla facoltà di Medicina della Sapienza, il suo astro sale negli anni Ottanta quando fonda la Cisl universitaria e rompe il monopolio rosso della Cgil. La sinistra democristiana gli è riconoscente, lui si lega all'allora ministro Carlo Donat Cattin e al senatore Severino Lavagnini. Ma i suoi sponsor sono nel ministero della Pubblica istruzione: il potente direttore generale Domenico Fazio e il sottosegretario (e poi ministro) Franca Falcucci. A 40 anni è già vicepresidente del Consiglio universitario nazionale, il celebre Cun che gestiva l'assegnazione dei concorsi. Un'attività nella quale si rivelerà un autentico maestro. "Ho messo in cattedra più di 200 professori", ripete sovente. E tra questi sono tantissimi gli amici che gli hanno giurato imperitura fedeltà.
Nel 1990 raccoglie i frutti della sua semina e viene eletto per la prima volta preside della facoltà di Medicina. Da quella postazione preme sulla conferenza dei presidi di tutta Italia per modificare la tabella degli insegnamenti in modo da spezzettare le materie e così moltiplicare le cattedre. In particolare aumentano i ricercatori e i patologi come Frati che, a sentire l'ex direttore generale del Policlinico Tommaso Longhi, non brilla certo per l'attenzione ai pazienti. Secondo Longhi, spesso Frati non firmava le schede di dimissioni dei malati e non si curava delle diagnosi dell'unità operativa di Oncologia nella quale è direttore.
La linea di Frati ha pagato: i medici che sono divenuti professori grazie a lui gli sono riconoscenti e lo dimostrano a ogni elezione. Così il suo incarico che avrebbe dovuto durare tre anni è ormai diventato a vita. Alla vigilia della sesta conferma, nel 2005, Frati ha tentato anche la scalata allo scranno più alto dell'università. Non è riuscito a diventare rettore, ma i suoi voti sono stati decisivi per l'elezione di Renato Guarini, che infatti lo tratta con grande rispetto. Il rettore firma gli atti di indirizzo relativi al Policlinico ma Guarini ascolta Frati prima di prendere qualsiasi decisione. Li accomuna anche un certo modo di intendere la famiglia e l'accademia. Se il rettore vanta due figli dipendenti dell'ateneo romano, Frati può contare su tre professori in casa: la moglie e i due figli. Famiglia, calcio e mare. Frati è un arcitaliano anche nelle passioni: tutti i venerdì gioca con una squadra di colleghi. Poi via verso gli amati lidi di Sabaudia, dove si gode il weekend nella villa di famiglia.
L'amore per i figli è cieco e non distingue sempre tra affetti privati e beni pubblici. Il 14 novembre del 2004, quando la sua diletta primogenita Paola è stata impalmata da Andrea Marziale, il preside Frati ha usato l'Aula grande del suo istituto all'università per la festa di nozze con 200 invitati. Buffet ricchissimo dalla porchetta ai pasticcini, catering in livrea e la troupe delle "Iene" a immortalare l'evento. Paola Frati è laureata in legge, ma è diventata professore ordinario di medicina legale alla Seconda facoltà (dove non insegna il padre). L'altro figlio di Frati, Giacomo, laureato in medicina, ha vinto invece il concorso da ricercatore nella facoltà paterna. Mentre la moglie, Luciana Rita Angeletti, ha fatto una carriera-lampo. Alla fine degli anni Ottanta era una semplice professoressa di lettere in una scuola superiore. Nel 1995 la ritroviamo nella facoltà del marito addirittura come professore ordinario di Storia della medicina.
Anche suo fratello, Pietro Ubaldo Angeletti, insegnava patologia a Perugia, la stessa facoltà dove Frati iniziò la sua ascesa universitaria. Il cognato (morto negli anni Novanta) è stata una figura importante soprattutto perché era l'amministratore della filiale italiana della multinazionale farmaceutica Merck Sharp & Dohme.
Anche Frati, nel suo ruolo di professore e ricercatore, ha molti rapporti con i produttori di medicinali. Il Forum per la formazione biomedica, del quale era rappresentante legale, riceveva ingenti finanziamenti dalle case farmaceutiche nel biennio 1993-1994, quando il luminare era membro della Cuf, Commissione unica del farmaco, quella che decideva se lo Stato doveva rimborsare pillole e supposte, decretando successi e fallimenti delle aziende. Frati entrò nella Cuf dopo Mani pulite e l'arresto del celeberrimo Duilio Poggiolini. Tutto filò liscio finché si scoprì che molti componenti della Cuf guidavano istituti di ricerca finanziati con i miliardi delle multinazionali. Il Forum, creatura di Frati, vantava un giro di affari di 2 miliardi e 300 milioni di lire nel 1993. Organizzava corsi di aggiornamento per medici e le società farmaceutiche contribuivano generosamente alle spese. "Tutto legale", si difese Frati, "i finanziamenti servivano per la formazione ed erano stati comunicati al ministero". Gli atti finirono alla Procura di Roma, ma tutto si risolse in una bolla di sapone. Oggi il Forum si è trasformato in Anm, Accademia nazionale della medicina. Frati è il presidente del comitato direttivo dove troviamo anche il direttore generale del Policlinico Ubaldo Montaguti.
L'associazione resta uno snodo importante degli affari di Frati. Su Internet si precisa che non ha fini di lucro, ma subito si aggiunge che si avvale di un'agenzia di servizi: la Forum Service. "L'espresso" è andato a curiosare alla Camera di commercio scoprendo che Frati (insieme all'Anm e ad altre quattro persone) è socio della Forum Service. Questa società ha fatturato dal 2003 al 2005 ben 8 milioni e mezzo di euro. Oltre a organizzare convegni per i medici di famiglia della Fimmg, è la casa editrice di decine di libri di professori e medici. Sono in tanti nel Palazzo a volergli bene. Quando fu messo in croce dal senatore Valentino Martelli di An per i finanziamenti delle case farmaceutiche al Forum, Frati è stato difeso dal centrosinistra. Poi, quando è stato attaccato da sinistra, a difenderlo c'era il suo collega Marco De Vincentis, candidato alle regionali con An e amico di Francesco Storace.
L'unico che ha provato a mettere un freno allo strapotere di Frati è stato Tommaso Longhi, per quattro volte direttore generale del Policlinico tra il 1994 e il 2003. Longhi ha denunciato le anomalie più scandalose del Policlinico, mettendo in fila una serie di cifre da brivido: con un numero di posti letto equivalenti a quello del Gemelli, l'Umberto I ha il doppio dei medici; i chirurghi effettuano 30 interventi l'anno a fronte di una media europea di cento; c'è un primario ogni sei pazienti e infine, a parità di studenti, tra gli anni Sessanta e il 2003 il consiglio di facoltà di Medicina si è dilatato passando da 40 a oltre 700 membri. Longhi non si è limitato a stilare statistiche, ha puntato il dito sui doppi incarichi di Frati. Il super preside si era fatto nominare direttore scientifico dell'istituto privato Neuromed in provincia di Isernia (per il quale hanno lavorato anche i figli Giacomo e Paola). Per Longhi quell'incarico era incompatibile con quello di direttore dell'unità di Oncologia del Policlinico. Revocò Frati e gli chiese indietro i compensi ricevuti. Non lo avesse mai fatto. Frati lo ha trascinato in tribunale (ottenendo la reintegra nel posto) e gli ha scatenato una guerra tale da spingerlo ad abbandonare l'incarico. A perderci non è stato solo Longhi. L'ex direttore aveva quasi completato un progetto di ristrutturazione che prevedeva l'abbattimento delle strutture fatiscenti (quelle al centro dello scandalo) e la concentrazione delle sale operatorie disperse nei mille padiglioni. Il progetto aveva avuto tutte le autorizzazioni. Ma non se ne è fatto niente. Perché? "Il progetto", accusa Longhi, "è stato bloccato proprio da Frati".

(12 Gennaio 2007)
Articolo di Primo Di Nicola e Marco Lillo tratto da l'Espresso.