04 ottobre 2008

Magnifico!

Signore e Signori, Studentesse e Studentessi, della fu Università "La Sapienza", abbiamo un nuovo magnifico rettore!
Non vi preoccupate, abbiamo scelto il migliore che avevamo!

Il barone Frati

L'appoggio dei politici. Le cattedre. I concorsi. I fondi delle società farmaceutiche. Chi è l'uomo che governa da 16 anni la facoltà di Medicina.

I mali del Policlinico? Rosi Bindi non ha mai avuto dubbi. Nel 1999, quando esplose il caso delle infezioni in corsia all'Umberto I, la Bindi, a quel tempo ministro della Sanità, disse chiaro e tondo al Parlamento: "Ritengo che la prima causa di quello che accade sia la gestione diretta da parte dell'università".
Sono passati otto anni, quattro governi e una lunga serie di direttori generali, ma i rifiuti nei tunnel del Policlinico sono rimasti al loro posto. Come Luigi Frati, da 16 anni preside della facoltà di Medicina dell'Università la Sapienza, corresponsabile insieme alla Regione dello sfascio. Nato dal sindacato, dotato di ottime relazioni con le case farmaceutiche e con i politici, Frati dal 1990 muove i fili dei concorsi e decide i destini dei primari che governano l'attività ospedaliera del nosocomio più disastrato d'Italia. Immune a indagini e polemiche, a ogni elezione viene riconfermato con un plebiscito dai suoi colleghi.
Al Policlinico non si muove foglia che Frati non voglia.
"Tutti gli dobbiamo qualcosa", ammette un illustre cattedratico che chiede di restare anonimo: "I professori vogliono che i propri allievi possano andare in cattedra con un posto da ordinario o da associato. Frati può aiutarci a esaudire i nostri desideri. Come? Bandendo il concorso al momento giusto". Un sistema che ha accontentato molti, compresi politici e soci in affari.
Da Vincenzo Saraceni, vincitore della cattedra di Fisiatria nel 2001, proprio quando era assessore alla Salute del Lazio. A Marco Artini, socio di Frati nella Millennium Biotech, una società che si voleva lanciare nel business delle biotecnologie. La società non ha mai operato, ma Artini nel 2002 ha vinto un concorso per ricercatore nella facoltà del suo socio-preside.
Frati è nato a Siena 63 anni fa. Laurea alla Cattolica, dal 1980 professore di Patologia generale alla facoltà di Medicina della Sapienza, il suo astro sale negli anni Ottanta quando fonda la Cisl universitaria e rompe il monopolio rosso della Cgil. La sinistra democristiana gli è riconoscente, lui si lega all'allora ministro Carlo Donat Cattin e al senatore Severino Lavagnini. Ma i suoi sponsor sono nel ministero della Pubblica istruzione: il potente direttore generale Domenico Fazio e il sottosegretario (e poi ministro) Franca Falcucci. A 40 anni è già vicepresidente del Consiglio universitario nazionale, il celebre Cun che gestiva l'assegnazione dei concorsi. Un'attività nella quale si rivelerà un autentico maestro. "Ho messo in cattedra più di 200 professori", ripete sovente. E tra questi sono tantissimi gli amici che gli hanno giurato imperitura fedeltà.
Nel 1990 raccoglie i frutti della sua semina e viene eletto per la prima volta preside della facoltà di Medicina. Da quella postazione preme sulla conferenza dei presidi di tutta Italia per modificare la tabella degli insegnamenti in modo da spezzettare le materie e così moltiplicare le cattedre. In particolare aumentano i ricercatori e i patologi come Frati che, a sentire l'ex direttore generale del Policlinico Tommaso Longhi, non brilla certo per l'attenzione ai pazienti. Secondo Longhi, spesso Frati non firmava le schede di dimissioni dei malati e non si curava delle diagnosi dell'unità operativa di Oncologia nella quale è direttore.
La linea di Frati ha pagato: i medici che sono divenuti professori grazie a lui gli sono riconoscenti e lo dimostrano a ogni elezione. Così il suo incarico che avrebbe dovuto durare tre anni è ormai diventato a vita. Alla vigilia della sesta conferma, nel 2005, Frati ha tentato anche la scalata allo scranno più alto dell'università. Non è riuscito a diventare rettore, ma i suoi voti sono stati decisivi per l'elezione di Renato Guarini, che infatti lo tratta con grande rispetto. Il rettore firma gli atti di indirizzo relativi al Policlinico ma Guarini ascolta Frati prima di prendere qualsiasi decisione. Li accomuna anche un certo modo di intendere la famiglia e l'accademia. Se il rettore vanta due figli dipendenti dell'ateneo romano, Frati può contare su tre professori in casa: la moglie e i due figli. Famiglia, calcio e mare. Frati è un arcitaliano anche nelle passioni: tutti i venerdì gioca con una squadra di colleghi. Poi via verso gli amati lidi di Sabaudia, dove si gode il weekend nella villa di famiglia.
L'amore per i figli è cieco e non distingue sempre tra affetti privati e beni pubblici. Il 14 novembre del 2004, quando la sua diletta primogenita Paola è stata impalmata da Andrea Marziale, il preside Frati ha usato l'Aula grande del suo istituto all'università per la festa di nozze con 200 invitati. Buffet ricchissimo dalla porchetta ai pasticcini, catering in livrea e la troupe delle "Iene" a immortalare l'evento. Paola Frati è laureata in legge, ma è diventata professore ordinario di medicina legale alla Seconda facoltà (dove non insegna il padre). L'altro figlio di Frati, Giacomo, laureato in medicina, ha vinto invece il concorso da ricercatore nella facoltà paterna. Mentre la moglie, Luciana Rita Angeletti, ha fatto una carriera-lampo. Alla fine degli anni Ottanta era una semplice professoressa di lettere in una scuola superiore. Nel 1995 la ritroviamo nella facoltà del marito addirittura come professore ordinario di Storia della medicina.
Anche suo fratello, Pietro Ubaldo Angeletti, insegnava patologia a Perugia, la stessa facoltà dove Frati iniziò la sua ascesa universitaria. Il cognato (morto negli anni Novanta) è stata una figura importante soprattutto perché era l'amministratore della filiale italiana della multinazionale farmaceutica Merck Sharp & Dohme.
Anche Frati, nel suo ruolo di professore e ricercatore, ha molti rapporti con i produttori di medicinali. Il Forum per la formazione biomedica, del quale era rappresentante legale, riceveva ingenti finanziamenti dalle case farmaceutiche nel biennio 1993-1994, quando il luminare era membro della Cuf, Commissione unica del farmaco, quella che decideva se lo Stato doveva rimborsare pillole e supposte, decretando successi e fallimenti delle aziende. Frati entrò nella Cuf dopo Mani pulite e l'arresto del celeberrimo Duilio Poggiolini. Tutto filò liscio finché si scoprì che molti componenti della Cuf guidavano istituti di ricerca finanziati con i miliardi delle multinazionali. Il Forum, creatura di Frati, vantava un giro di affari di 2 miliardi e 300 milioni di lire nel 1993. Organizzava corsi di aggiornamento per medici e le società farmaceutiche contribuivano generosamente alle spese. "Tutto legale", si difese Frati, "i finanziamenti servivano per la formazione ed erano stati comunicati al ministero". Gli atti finirono alla Procura di Roma, ma tutto si risolse in una bolla di sapone. Oggi il Forum si è trasformato in Anm, Accademia nazionale della medicina. Frati è il presidente del comitato direttivo dove troviamo anche il direttore generale del Policlinico Ubaldo Montaguti.
L'associazione resta uno snodo importante degli affari di Frati. Su Internet si precisa che non ha fini di lucro, ma subito si aggiunge che si avvale di un'agenzia di servizi: la Forum Service. "L'espresso" è andato a curiosare alla Camera di commercio scoprendo che Frati (insieme all'Anm e ad altre quattro persone) è socio della Forum Service. Questa società ha fatturato dal 2003 al 2005 ben 8 milioni e mezzo di euro. Oltre a organizzare convegni per i medici di famiglia della Fimmg, è la casa editrice di decine di libri di professori e medici. Sono in tanti nel Palazzo a volergli bene. Quando fu messo in croce dal senatore Valentino Martelli di An per i finanziamenti delle case farmaceutiche al Forum, Frati è stato difeso dal centrosinistra. Poi, quando è stato attaccato da sinistra, a difenderlo c'era il suo collega Marco De Vincentis, candidato alle regionali con An e amico di Francesco Storace.
L'unico che ha provato a mettere un freno allo strapotere di Frati è stato Tommaso Longhi, per quattro volte direttore generale del Policlinico tra il 1994 e il 2003. Longhi ha denunciato le anomalie più scandalose del Policlinico, mettendo in fila una serie di cifre da brivido: con un numero di posti letto equivalenti a quello del Gemelli, l'Umberto I ha il doppio dei medici; i chirurghi effettuano 30 interventi l'anno a fronte di una media europea di cento; c'è un primario ogni sei pazienti e infine, a parità di studenti, tra gli anni Sessanta e il 2003 il consiglio di facoltà di Medicina si è dilatato passando da 40 a oltre 700 membri. Longhi non si è limitato a stilare statistiche, ha puntato il dito sui doppi incarichi di Frati. Il super preside si era fatto nominare direttore scientifico dell'istituto privato Neuromed in provincia di Isernia (per il quale hanno lavorato anche i figli Giacomo e Paola). Per Longhi quell'incarico era incompatibile con quello di direttore dell'unità di Oncologia del Policlinico. Revocò Frati e gli chiese indietro i compensi ricevuti. Non lo avesse mai fatto. Frati lo ha trascinato in tribunale (ottenendo la reintegra nel posto) e gli ha scatenato una guerra tale da spingerlo ad abbandonare l'incarico. A perderci non è stato solo Longhi. L'ex direttore aveva quasi completato un progetto di ristrutturazione che prevedeva l'abbattimento delle strutture fatiscenti (quelle al centro dello scandalo) e la concentrazione delle sale operatorie disperse nei mille padiglioni. Il progetto aveva avuto tutte le autorizzazioni. Ma non se ne è fatto niente. Perché? "Il progetto", accusa Longhi, "è stato bloccato proprio da Frati".

(12 Gennaio 2007)
Articolo di Primo Di Nicola e Marco Lillo tratto da l'Espresso.

2 Comments:

ozneR said...

Non stupisce più niente...La corruzione, il clientelismo, sono fenomeni in Italia così radicati che non creano scandalo o turbamento. Siamo un Paese fuori dal mondo civile e onesto, non abbiamo speranze, l'unica è morire, arrivare alla distruzione, per poi forse risorgere. Andiamo via da qui, non è posto per noi, e non c'è più niente da fare; l'Italia è un malato terminale...

ozneR said...

Lasciatelo come post se volete...
"Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuole fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura.
Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica,intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di previlegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole , perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi,come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A “quelle” scuole private. Gli esami sono più facili,si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola previlegiata.
Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare prevalenza alle scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina. L’operazione si fa in tre modi: ve l’ho già detto: rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico."
Piero Calamandrei
Discorso pronunciato da Piero Calamandrei al III congresso dell’Associazione a Difesa della Scuola Nazionale, a Roma l’11 febbraio 1950